sabato 20 giugno 2015

Cose mai viste : E' successo a Mestre (Venezia)




Una cosa del genere non si era mai vista in Italia, tantomeno a Mestre, quella che i veneziani chiamano "terraferma".
Si perchè Mestre a tutti gli effetti è solo un quartiere del Comune di Venezia, nonostante con tutto il circondario forma un complesso di circa 200.000 abitanti.
Ma proprio per questo motivo la terraferma di Venezia è un luogo orfano di sindaco, visto che la partitocrazia locale ha sempre espresso sindaci veneziani, lasciando il grosso della cittadinanza senza una rappresentanza.

Invece alle elezioni del Maggio 2015 tra i vari contendenti alla poltrona di sindaco di Venezia si è presentato con una propria lista civica Luigi Brugnaro, imprenditore mestrino con propensione allo sport (in particolare con la storica squadra veneziana di basket "Reyer").
E domenica 14 Giugno, dopo un estenuante ballottaggio, ha vinto le elezioni battendo il candidato del centrosinistra.

Ebbene, che c'è di strano in tutto cio ?
Il fatto che lo scorso Giovedì, Luigi Brugnaro,  ha voluto festeggiare la sua elezione invitando i cittadini nella piazza mestrina dove si è lasciato andare a baci, abbracci e strette di mano.
E' stato uun un bagno di folla.
Un sindaco che dopo essere stato eletto scende in piazza tra la gente per ringraziare personalmente i cittadini non si era mai visto.
Tantomeno a Mestre che il sindaco nemmeno ce l'ha.
Del resto i sindaci precedenti (Avvocati, Professori, Filosofi, ecc...), imposti da partiti di sinistra, non avrebbero mai fatto una cosa "popolare" di questo tipo.
Invece Brugnaro, nonostante fosse appoggiato da partiti di centrodestra, si è dimostrato molto più vicino al popolo di quanto si potesse pensare.
Quasi quasi sembra un sindaco di sinistra.
Mestre, 18 Giungo 2015, Luigi Brugnaro festeggia la sua elezione a Sindaco di Venezia.






lunedì 8 giugno 2015

Il terribile sospetto

Perchè il governo italiano lascia entrare nel nostro paese migliaia di cittadini extracomunitari che con lo status di "prigioniero politico" o di "rifugiato" non hanno nulla a che vedere ?
Perchè far entrare tutti questi uomini (e anche donne) che cercano lavoro ?


Eppure in Italia non c'è tutto questo bisogno di forza lavoro, nè abbiamo le casse statali sono tanto ricche da poter mantenere migliaia di persone "gratis".
A cosa punta il governo Renzi ?
Potrebbe semplicemente non puntare a nulla e vivere in balia degli eventi, senza avere il coraggio di ribellarsi.
Oppure.. oppure, potrebbe anche cavalcare gli eventi inseguendo un terribile proposito:
aumentando la forza lavoro  in Italia, infatti, diminuiranno gli stipendi, perchè gli immigrati si accontenteranno di prendere molto meno dei lavoratori italiani (LANDINIIIII DOVE SEI ??).

E perchè tutto ciò ?
Semplice, per restare nell'Euro.
Da quando siamo entrati, infatti, in Italia tutto sta andando a rotoli.
Se non si possono aumentare le tasse, quindi, l'unica strada è abbassare gli stipendi.

www.scenarieconomici.it

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In pratica, pur di stare nell'Euro, 
si distrugge l'Italia.

No grazie





http://scenarieconomici.it/le-passerate-sulleuroexit-da-formigli-a-piazza-pulita/

Stop-ttip-tg-la7-i-profughi-non-scappano-dalla-guerra-bensi-dallausterity-imposta-dal-fmi-a-favore-delle-multinazionali

giovedì 4 giugno 2015

Titani della musica : quali scegli ?


Metto a confronto due grandi canzoni della musica italiana :

Fiorella Mannoia - Quello che le donne non dicono - 1987 - (Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone)


Mia Marini - Minuetto - 1973 - (Franco Califano e Dario Baldan Bembo)


 
Scegliere è difficile, molto difficile, due capolavori della musica e della poesia.

lunedì 25 maggio 2015

La Democrazia si coltiva e si migliora con il Voto : NON RINUNCIARE


Il 31 Maggio in molti saremo chiamati ad eleggere Sindaci e Presidenti di Regione con i loro consiglieri, anche se i sondaggi continuano incessantemente a dire che molti elettori si asterranno dall'andare a votare.
E' un brutto segno, è un segno di stanchezza, di delusione.
E' un segno che si è persa la speranza di cambiare, di fare meglio, di migliorare il nostro paese.
Votare certamente non è un obbligo, ma già negli anni '70 il grande maestro del giornalismo italiano Indro Montanelli, a modo suo, aveva evidenziato l'importanza di andare a votare, scegliendo il minore dei mali, e all'estremo anche "tappandosi il naso".
Oggi le cose sono diverse.
E soprattutto, quando si possono scegliere le persone.
Questa possibilità che abbiamo è più importante di quello che si possa pensare.
Votare il partito non è sbagliato, ma è una delega in bianco.
Talvolta diventa un salto nel buio.
I partiti oggi hanno pochi ideali e pochissimi valori etici. Tantomeno sul futuro dei giovani e dei nostri figli.
Se ascoltiamo le persone, invece, ci accorgiamo che non sono tutte uguali. Ci accorgiamo che possiamo trovare chi mette al centro il valore dell'uomo e della famiglia naturale. 

Chi mette al centro la comunione e non la competizione. 
Chi mette al centro la solidarietà e non la ricchezza. Chi mette al centro l'economia che gira invece dell'economia ferma dentro le banche.
Certo, votare per il partito è facile, basta metterci una croce sopra e tutto è finito. Quasi in modo per cancellare la nostra responsabilità su quello che succederà dal giorno successivo.
Votare per le persone invece è un impegno, richiede tempi, bisogna cercarle, conoscerle e trovare quelle che condividono i nostri ideali.
E' un impegno, ma è questo l'impegno minimo che ogni cittadino deve prendersi per cambiare.

Votare è un diritto, ma se pensi al futuro dei giovani è un imperativo.
Non lasciare che gli altri decidano per te.
 

Non abbandonare il paese.

Vai a votare.


venerdì 1 maggio 2015

Due consigli facili facili.... per salvare il mondo

Ho trovato casualmente in rete una ricetta di un professore del Politecnico di Tornio, per far uscire il mondo dalla spirale di violenza e di decadenza economica in cui sta precipitando.
Sono due punti facili facili, ma banali, di una semplicità disarmante :
  • Ridistribuire la ricchezza (anziché far crescere le disuguaglianze, inseguendo il mito di una ricchezza globale sempre crescente).
  • Passare dalla competizione alla cooperazione.
Il primo punto significa mettere a freno gli enormi capitali in mano a Banche e Fondi di Investimento, e le grandi cifre che girano nel mercato delle borse e che non creano alcun posto di lavoro.
Significa mettere a freno le multinazionali, che raggruppandosi eliminano concorrenti e diminuiscono le possibilità di farsi la guerra sui prezzi e sulla qualità dei prodotti.

Grandi capitali in mano a pochi, significa che la maggior parte della popolazione mondiale ha meno soldi da scambiarsi; significa che è povera.
Che senso ha che i governi stampino i soldi, se poi questi finiscono nei caveau delle banche ?
Qual'è l'utilità sociale di enormi capitali fermi ?
La risposta è semplice : nessuna.

Il secondo punto significa cambiare il concetto dell'economia della crescita infinita (quello di aumentare i fatturati ogni anno di più, di aumentare il debito pubblico ogni anno di più, di indebitarsi sempre più, ecc).
Significa abolire i brevetti ed il copyright, perchè quando un'invenzione è utile all'umanità, lo deve essere per tutti e non solo per chi può permettersi di pagare le royaltie.
Significa smettere di produrre armi, smettere di depredare i paesi del terzo mondo delle poche materie prime che possiedono, significa smettere di sottopagare i lavoratori dei paesi sottosviluppati.
Significa smettere di volere occidentalizzare tutto il mondo, con una cultura che ha alterato tutto il pianeta, soprattutto causando il boom demografico che è la stessa causa dell'attuale crisi globale.

Sì, perchè la è dalla cultura tecnologica del mondo occidentale che è scaturito il baby-boom, il sovrapopolamento del nostro pianeta e la sparizione di culture secolari.
Siamo noi stessi causa della fame nel mondo e della distruzione di comunità che funzionavano benissimo anche senza la scienza e la tecnica, ma continuiamo a voler esportare questo modello mettendoci le bende negli occhi per non vedere che i danni apportati sono notevolmente maggiori dei vantaggi (in paesi come l'Alaska, tanto per fare un esempio).

I discorsi che si potrebbero fare su questi due punti facili facili sono tanti. Ma per metterli in pratica ci vuole tanto tanto coraggio. Un coraggio che i politici delle democrazie occidentali non hanno mai avuto. E non hanno mai cercato di avere.

domenica 26 aprile 2015

I nuovi schiavi

Europa e Italia hanno bisogno di lavoratori a basso costo da sfruttare e schiavizzare :
ECCOLI PRONTI IN ARRIVO

"Terraingiusta", il dossier che svela lo sfruttamento dietro il made in Italy


Dimenticavo : c'è anche l'approvazione dell'ONU
 

Ban Ki-moon: “Sbagliato colpire i barconi in Libia, aiutiamo i profughi”

Intervistato da La Stampa, il segretario generale delle Nazioni Unite ribadisce: non esiste una soluzione militare
http://www.today.it/rassegna/onu-bombardare-barconi-profughi.html



Approfondimenti

Braccianti stranieri: lavoro grigio e caporali


sabato 25 aprile 2015

Come distruggere il mondo negando le nostre origini

MEMORIA E RICORDO di Ulderico Bernardi

Memoria e Ricordo

La dimenticanza, ammoniva Niccolò Tommaseo, perde i popoli e le nazioni, perché le nazioni altro non sono che memoria. Una riflessione profonda, questa del grande dalmata, che tanto ha dato alla formazione di una coscienza nazionale, proprio perché vissuto a contatto con una cultura diversa dalla sua. Avesse sotto gli occhi l’Italia contemporanea, con la sua fragile identità collettiva, troverebbe triste conferma all’intuizione. Non a caso si celebrano nel nostro Paese due giornate dedicate alla memoria e al ricordo per cercare di scuotere gli animi degli italiani, e di promuovere a nuova consapevolezza del nostro essere nazione. Vale sempre la pena di stimolare le coscienze. Specie dei più giovani, aggrediti da uno dei peggiori mali che affliggano la società odierna: la destoricizzazione. Cioè il distogliere la mente dal passato. Facendo credere che solo il presente ha valore. Che il futuro non ha bisogno di sostenersi sulle spalle delle generazioni precedenti. Un delitto culturale, perché in questo modo si cancella ogni possibilità di cogliere gli infiniti sforzi che uomini e donne d’altri tempi hanno compiuto per farci approdare a una certa condizione di conoscenza e di benessere economico. Un fine dissennato, perché mira a distruggere l’idea stessa dell’Origine. Con una visione che rimuove la visione del Creatore, e il valore della continuità su cui fonda l’amore per l’Altro.
Il Maligno in ogni epoca si è presentato con nomi e volti inediti, ma con l’immutata volontà di seminare tra gli uomini l’odio. Se l’umanità ha un senso, questo sta nella sua diversità. Nei modi con cui ciascun popolo sulla Terra ha cercato di soddisfare le sue necessità primarie applicando l’intelligenza al proprio ambiente. Ne sono nate lingue, architetture, abbigliamenti, cucine, e modi per esprimere il rapporto con il Cielo. Nei millenni, la curiosità di conoscere queste tante forme è stata lo stimolo che ha mosso i passi dei mercanti, degli esploratori, dei missionari, dei navigatori sugli oceani sconosciuti. Il mondo è cresciuto grazie a questo allargamento di conoscenza. Ma l’insidia del male ha accompagnato sempre questi avanzamenti. E ha portato stragi, razzie, schiavitù. Magari camuffandosi da ideologia del progresso.
Di molti orrori si è perso perfino il ricordo. Eppure la memoria del Novecento è qui, ancora prossima a noi. Un secolo di genocidi. In nome dell’uomo nuovo, della razza perfetta, del cittadino emancipato dalle catene della Legge eterna, si è ucciso, si è tentato di distruggere interi popoli, ci si è sparato addosso fra appartenenti a una stessa nazione. Non solo nelle guerre, ma nelle persecuzioni etniche, nelle pratiche di dominio e in tante altre forme. Bisogna ricordare i milioni e milioni di morti della prima e della seconda guerra mondiale, che hanno avuto il tristissimo seguito del genocidio degli Armeni, delle stragi di contadini ucraini morti per fame in nome della collettivizzazione forzata della terra, dei massacri nella guerra civile spagnola, dei gulag nella gelida Siberia, dei lager in ogni luogo occupato da Hitler, dell’Olocausto di Ebrei e Rom, delle foibe carsiche, dell’affogamento in mare e delle deportazioni per Istriani, Giuliani e Dalmati, delle violenze sulle donne tedesche profughe dai Sudeti, degli eccidi post bellici in Emilia, nella Lombardia e nel Veneto per mano partigiana. Solo per ricordare una parte di quanto avvenuto in Europa e nel Vicino Oriente.
L’Italia, in particolare, nella sua recente unità, in solo un secolo e mezzo ha conosciuto almeno quattro esperienze di morte data da italiani ad altri italiani. Nel 1860, con l’uccisione dei soldati delle Due Sicilie, vittime sul campo e negli assedi delle fortezze di Gaeta e Messina, da parte di garibaldini e piemontesi. Nel 1866, a Lissa, in uno scontro navale che ha visto veneti, istriani, triestini, dalmati, sotto bandiera austriaca affondare navi italiane governate da equipaggi liguri, toscani, laziali, napoletani, e viceversa. Nel 1920, a Fiume, soldati nazionali sparare sui legionari di D’Annunzio, a loro volta pronti nel rispondere al fuoco. Negli anni del conflitto soldati e delatori italiani consegnare nelle mani dei nazisti tedeschi donne, uomini e bambini italiani di religione ebraica. E in quelli successivi all’8 settembre 1943, fino alla fine della guerra e oltre, giovani della Repubblica Sociale e giovani resistenti accanirsi gli uni contro gli altri.
Forse, l’avere rifiutato, in nome della retorica nazionalista o dell’ideologia di partito, un’onesta riflessione storica su questi fatti ha reso l’Italia contemporanea scarsamente orgogliosa della sua unità, impoverendo il consenso collettivo piuttosto che irrobustendo la volontà di andare oltre. Meditare e conoscere tutto questo, con l’occasione delle giornate della memoria e del ricordo, dovrebbe avere il significato di prepararsi ad affrontare le tensioni che l’incontro fra tante culture del mondo, conseguenti ai processi di mondializzazione, certamente è destinato a produrre. Per procedere, infine, verso un comune ideale di benessere comunitario, fondato su valori umanitari e perenni.
Ulderico Bernardi


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