lunedì 16 agosto 2010

Campagna e Capannoni


Mi è giunta notizia che a Longare, piccolo comune nel vicentino, il gruppo Despar è in trattative per l’acquisto di una vasta area agricola allo scopo di costruire un grande centro logistico che l’azienda necessita per la gestione della propria catena di ipermercati.
Immagino che il sindaco veda la possibilità di garantire nuovi posti di lavoro e di rinpinguare le casse comunali, mentre l’azienda, vista la vicinanza con la nuova autostrada Valdastico Sud, vede una posizione baricentrica per lo smistamento delle merci nel nordest.
Fin qui potrebbe essere tutto abbastanza normale, ma a ben vedere ci sono dei lati negativi da considerare che trovo tutt’altro che trascurabili.
Non voglio qui affrontare il tema ambientale della cementificazione dei terreni agricoli, argomento facile da sbandierare, ma vorrei piuttosto esaminare la convenienza economica dell’operazione, sia per l’azienda che per la comunità.
In primo luogo, come già accaduto tante altre volte, si propone un luogo servito dall’autostrada, ma privo di infrastrutture ferroviarie, e tantomeno di vie d’acqua.
Ciò significa puntare al solo trasporto su gomma, ossia sui TIR, mezzi che inquinano e consumano tre volte rispetto al treno, e che aumentano sconsideratamente il rischio di incidenti lungo le strade.
Non se ne parla mai, eppure solo con un treno si eviterebbero 20 Tir in circolazione.
In secondo luogo, in Veneto abbiamo tali e tanti capannoni industriali vuoti che, visto il periodo di crisi, probabilmente basteranno per i prossimi trent’anni.
Solo per fare un esempio, basta fare un giro a Portomarghera e dintorni per vedere le tante aree industriali dismesse e relativi capannoni abbandonati, per rendersi conto di quante strutture già servite ed attrezzate sono disponibili.
Nuovo cemento significa anche aumentare il rischio alluvioni che la nostra regione ha recentemente assaggiato in diverse aree, quindi anche dal punto di vista idrogeologico, nulla di positivo.
Per quanto riguarda la campagna di Longare, infine, ammetto con una certa vergogna che si tratta di coltivazioni di tabacco, ma piuttosto che cementificare 60 ettari di territorio, suggerirei di convertirle in colture “energetiche”, quelle che sono la base per i biocarburanti.
Finiscono sempre in fumo, ma almeno servono a qualcosa di utile.
Marco Dal Prà