lunedì 25 maggio 2015

La Democrazia si coltiva e si migliora con il Voto : NON RINUNCIARE


Il 31 Maggio in molti saremo chiamati ad eleggere Sindaci e Presidenti di Regione con i loro consiglieri, anche se i sondaggi continuano incessantemente a dire che molti elettori si asterranno dall'andare a votare.
E' un brutto segno, è un segno di stanchezza, di delusione.
E' un segno che si è persa la speranza di cambiare, di fare meglio, di migliorare il nostro paese.
Votare certamente non è un obbligo, ma già negli anni '70 il grande maestro del giornalismo italiano Indro Montanelli, a modo suo, aveva evidenziato l'importanza di andare a votare, scegliendo il minore dei mali, e all'estremo anche "tappandosi il naso".
Oggi le cose sono diverse.
E soprattutto, quando si possono scegliere le persone.
Questa possibilità che abbiamo è più importante di quello che si possa pensare.
Votare il partito non è sbagliato, ma è una delega in bianco.
Talvolta diventa un salto nel buio.
I partiti oggi hanno pochi ideali e pochissimi valori etici. Tantomeno sul futuro dei giovani e dei nostri figli.
Se ascoltiamo le persone, invece, ci accorgiamo che non sono tutte uguali. Ci accorgiamo che possiamo trovare chi mette al centro il valore dell'uomo e della famiglia naturale. 

Chi mette al centro la comunione e non la competizione. 
Chi mette al centro la solidarietà e non la ricchezza. Chi mette al centro l'economia che gira invece dell'economia ferma dentro le banche.
Certo, votare per il partito è facile, basta metterci una croce sopra e tutto è finito. Quasi in modo per cancellare la nostra responsabilità su quello che succederà dal giorno successivo.
Votare per le persone invece è un impegno, richiede tempi, bisogna cercarle, conoscerle e trovare quelle che condividono i nostri ideali.
E' un impegno, ma è questo l'impegno minimo che ogni cittadino deve prendersi per cambiare.

Votare è un diritto, ma se pensi al futuro dei giovani è un imperativo.
Non lasciare che gli altri decidano per te.
 

Non abbandonare il paese.

Vai a votare.


venerdì 1 maggio 2015

Due consigli facili facili.... per salvare il mondo

Ho trovato casualmente in rete una ricetta di un professore del Politecnico di Tornio, per far uscire il mondo dalla spirale di violenza e di decadenza economica in cui sta precipitando.
Sono due punti facili facili, ma banali, di una semplicità disarmante :
  • Ridistribuire la ricchezza (anziché far crescere le disuguaglianze, inseguendo il mito di una ricchezza globale sempre crescente).
  • Passare dalla competizione alla cooperazione.
Il primo punto significa mettere a freno gli enormi capitali in mano a Banche e Fondi di Investimento, e le grandi cifre che girano nel mercato delle borse e che non creano alcun posto di lavoro.
Significa mettere a freno le multinazionali, che raggruppandosi eliminano concorrenti e diminuiscono le possibilità di farsi la guerra sui prezzi e sulla qualità dei prodotti.

Grandi capitali in mano a pochi, significa che la maggior parte della popolazione mondiale ha meno soldi da scambiarsi; significa che è povera.
Che senso ha che i governi stampino i soldi, se poi questi finiscono nei caveau delle banche ?
Qual'è l'utilità sociale di enormi capitali fermi ?
La risposta è semplice : nessuna.

Il secondo punto significa cambiare il concetto dell'economia della crescita infinita (quello di aumentare i fatturati ogni anno di più, di aumentare il debito pubblico ogni anno di più, di indebitarsi sempre più, ecc).
Significa abolire i brevetti ed il copyright, perchè quando un'invenzione è utile all'umanità, lo deve essere per tutti e non solo per chi può permettersi di pagare le royaltie.
Significa smettere di produrre armi, smettere di depredare i paesi del terzo mondo delle poche materie prime che possiedono, significa smettere di sottopagare i lavoratori dei paesi sottosviluppati.
Significa smettere di volere occidentalizzare tutto il mondo, con una cultura che ha alterato tutto il pianeta, soprattutto causando il boom demografico che è la stessa causa dell'attuale crisi globale.

Sì, perchè la è dalla cultura tecnologica del mondo occidentale che è scaturito il baby-boom, il sovrapopolamento del nostro pianeta e la sparizione di culture secolari.
Siamo noi stessi causa della fame nel mondo e della distruzione di comunità che funzionavano benissimo anche senza la scienza e la tecnica, ma continuiamo a voler esportare questo modello mettendoci le bende negli occhi per non vedere che i danni apportati sono notevolmente maggiori dei vantaggi (in paesi come l'Alaska, tanto per fare un esempio).

I discorsi che si potrebbero fare su questi due punti facili facili sono tanti. Ma per metterli in pratica ci vuole tanto tanto coraggio. Un coraggio che i politici delle democrazie occidentali non hanno mai avuto. E non hanno mai cercato di avere.