venerdì 18 marzo 2022

Lettera di un bambino a Dio


Caro Signor Dio,

è da tanto tempo che ti voglio scrivere questa lettera, perché c'è una cosa che proprio non riesco a capire, una cosa che proprio non mi va giù e che ti voglio chiedere.

Ma perché hai scelto proprio il pianeta terra come luogo dove combattere la tua guerra contro il diavolo?

Ci hai dato questo bellissimo pianeta dove vivere, dove per noi umani ci sono tantissime cose belle da fare, ma lo usi anche come terreno di battaglia per lottare contro Lucifero.

Lo so che contro colui che ti ha tradito e che insegna solo a dire bugie bisogna lottare, ma non sarebbe proprio una guerra nostra. Questa è la tua guerra. Si, si, noi ti diamo anche una mano, ma le battaglie più grosse andatele a fare su posti dove non c'è il rischio di coinvolgere nessuno.

Marte o Venere non potrebbero andare bene? Qui se fate scoppiare un vulcano, tutte le persone che ci abitano vicino restano senza casa. Lì invece, su quei pianeti, c'è tutto lo spazio che volete e non c'è il rischio di distruggere niente.

Qui se fate scoppiare delle bombe muoiono un sacco di persone, e c'è chi resta senza mamma o senza papà o senza una sorella, mentre in quei pianeti disabitati nessuno morirebbe.

Qui se fate piovere un uragano si allagano tutte le campagne e muoiono le mucche e le galline e tutti i campi sono rovinati e non si può mangiare niente.

Là invece non c'è terra da coltivare e anche se piove troppo non c'è un raccolto che si rovina.

Lì se volete giocare coi carri armati potete farlo senza il rischio di far scoppiare una casa e senza che possa morire un mio amico. Se invece lo fate qui, muore il mio amico e anche sua mamma e della casa non resta quasi niente.

Qui noi possiamo fare battaglie molto piccole, altrimenti il pianeta terra si rovina tutto e noi qui ci viviamo: non possiamo fare una guerra che poi non ci resta più niente da mangiare e neanche un tetto dove stare.

Signor Dio, è vero che qui ci sono molti uomini che hanno deciso di stare dalla parte del diavolo, ma noi di loro possiamo anche farne a meno, quelli puoi darglieli a lui. Qui si vivrebbe molto meglio senza quelli, perché rompono tutto, anche le famiglie.

Signor Dio, qui con la vostra battaglia in corso non so più cosa fare. Non c'é un domani da pensare ma si possono immaginare solo cose brutte. Qualcuno dice che stando con te vinceremo, ma come si può vincere se perdo tutti quelli che mi stanno attorno? 

La vittoria c'è se tutto il nostro esercito vince. Invece mi sembra che il nostro-tuo esercito sta contando tantissimi che cadono nelle mani del nemico.

Mi hanno insegnato che il sig. Pirro un giorno vinse una battaglia importante contro i romani, ma il suo esercito aveva avuto così tanti morti che era come se l'aveva persa. Anzi, poco tempo dopo perse tutta la guerra e dovette scappare a casa.

Qui invece sarebbe ancora peggio, perché con la guerra non rimarrebbe nemmeno una casa dove tornare e non ci sarebbe nemmeno l'acqua pulita da bere.

Ecco Signor Dio, io la guerra come quella del sig. Pirro proprio non la voglio.

Qui noi, Signor Dio, volevamo solo vivere.

lunedì 6 aprile 2020

Perché avete paura? Non avete ancora fede?


Non tutti i mali vengono per nuocere, dice il proverbio. E di certo il coronavirus se ha portato tante sofferenze, ha anche portato tanti cambiamenti. Ci ha fatto vedere cose che non avevamo mai visto prima, come il cielo azzurro e l'aria pulita o il ritorno degli animali in luoghi impensabili o il silenzio della città senza traffico, ma ha intaccato l'uomo anche in questioni molto più profonde.
Questioni che riguardano il nostro stato d'animo, i nostri sentimenti, le nostre certezze.
Fino a ieri "ci credevao eterni, ci credevamo eroi", invece oggi tutto è diverso. Il coronavirus ci riporta con i piedi per terra e ci fa vedere che la nostra vita terrena non è infinita.
"Al mondo di sicuro ci sono solo la morte e le tasse", diceva Brad Pitt in Vi presento Joe Black in frase terribilmente vera ma altrettanto scomoda da pronunciare.
Ma in tutta questa situazione, nell'inferno delle case blindate, di tante persone che mi sarei aspettato di vedere in difficoltà, escludendo quelli colpiti da drammi personali, ho visto in difficoltà coloro che non lo dovevano essere: i credenti cristiani.
La fede, le certezze, la forza di Gesù Cristo, davanti al coronavirus per molti sono svanite nel nulla, dissolte come la rugiada al sole e sostituite dal quel terrore che fuoriesce quotidianamente dallo schermo della TV. In costoro, l'inganno universale orwelliano ha prevalso sia sulla ragione che sulla fede.
Ma Dio non è solo dentro le chiese. Dio, recita Wikipedia, "è l'Essere eterno che ha creato e conserva il mondo". Dio non è solo la domenica alla messa e dato che, come dice il proverbio, "Non si muove foglia che Dio non voglia", significa che anche il coronavirus fa parte della vita; non arriva nascosto agli occhi di Dio. Se avete accettato il Dio cristiano, dovete sapere che Dio non è solo onnipotente, ma è anche onniscente e onnipresente. Dio è ovunque nello spazio e nel tempo, perchè altrimenti non sarebbe Dio. "Sottile è il Signore", diceva Albert Einstein, "ma non malevolo".
Forse il coronavirus non lo ha voluto Dio, ma se lo ha lasciato circolare, un motivo ci sarà. Forse per punirci di qualcosa, ma molto probabilmente per svegliarci dal torpore. Mi sembra infatti che molti credenti si siano adagiati sul benessere, il benessere che hanno portato le nazioni moderne, con le loro pensioni e con i loro posti fissi, tanto da dimenticare che la salvezza non è quella che propinano ministri e deputati, ma è quella che ha promesso Gesù Cristo.


Prega come se tutto dipendesse da Dio e lavora come se tutto dipendesse da te.
Sant'Ignazio di Loyola

domenica 22 settembre 2019

La colpa della recessione e' di chi stampa denaro non guadagnato




Oggi vi propongo le parole pronunciate il Novembre 1976 dal cancelliere tedesco del'epoca, Helmut Schmidt (1918-2015) al congresso socialista che si teneva in quel periodo in Svizzera, a Ginevra.
Attenti bene che queste parole potrebbe averle dette oggi.
La recessione mondiale è stata causata da 130 nazioni su 140 che hanno stampato denaro che non avevano guadagnato.
Schmidt, durante un dibattito su un nuovo ordine economico mondiale, ha denunciato la stampa di denaro come soluzione ai problemi finanziari del socialismo. Ma anche delle nazioni Comuniste, Capitaliste, Democratiche e delle dittature.

Agitando entrambi i pugni in una fase Schmidt ha detto:
"Tutto ciò che chiedo è che, oltre alle discussioni ideologiche, cerchiamo di vedere fino in fondo questa recessione mondiale. 
Vi prego davvero di rendervi conto che possiamo raggiungere la stabilità solo se combattiamo l'inflazione e riduciamo la spesa pubblica "



domenica 27 gennaio 2019

Inflazione nella Germania di Weimar: una lezione attualissima

Inflazione nella Germania di Weimar: una lezione attualissima

di LUDWIG VON MISES - 7 Marzo.... 1946 !



L’inflazione della moneta cartacea e l’espansione del credito non piombano mai su un popolo come un atto divino.
Sono sempre il risultato di una politica intenzionale. I governi e i partiti al potere ricorrono all’inflazione perché la considerano come una benedizione o almeno un male minore rispetto agli effetti della riduzione della spesa pubblica o della scelta di diversi metodi di finanziamento. Ciò si applica sia alla pace che alla guerra. L’inflazione come tale non è di alcun aiuto nel vincere battaglie. Non produce armi ed altre attrezzature. È soltanto uno dei metodi disponibili per finanziare le spese enormi causate dalla guerra. Gli altri metodi sono tassare e prendere prestiti dal pubblico (e non dalle banche commerciali). Se un governo sceglie l’inflazione, non deve giustificarsi dicendo che era l’unico sistema rimasto.

Naturalmente, il termine inflazione è caduto in disgrazia.
Tutti i governi e tutti i partiti politici annunciano enfaticamente che la loro principale preoccupazione è di combattere questa cosa terribile chiamata inflazione. In realtà non combattono l’inflazione, ma soltanto i suoi sintomi e le sue inevitabili conseguenze, vale a dire il rialzo dei prezzi. E questa lotta è condannata a fallire precisamente perché è soltanto un occuparsi dei sintomi. Niente è fatto per eliminare la causa originaria, ovvero l’aumento nella quantità di moneta e l’espansione del credito.




La verità è che la tendenza a inflazionare non è mai stata tanto forte come lo è oggi.
È soltanto che i fautori dell’espansione del credito e dell’inflazione hanno fatto ricorso ad una nuova terminologia. Chiamano questa cosa espansionismo, politica dei soldi facili, squilibrio di bilancio, o finanza funzionale. La carta britannica che inaugurò nel 1943 l’azione che risultò poi nel 1944 nell’accordo di Bretton Woods dichiara esplicitamente che lo scopo della nuova istituzione internazionale è di determinare “una pressione espansionista sul commercio mondiale.”
Prevede che questa politica espansionista compia “il miracolo … di trasformare una pietra in pane.”

L’idea che l’espansione monetaria e del credito faccia bene al commercio, crei “la piena occupazione” e porti una generale prosperità era l’essenza delle idee del mercantilismo.
Gli errori impliciti sono stati esposti completamente da economisti che la scuola storica prussiana ed i loro moderni seguaci, i keynesiani ed i fautori americani dello squilibrio di bilancio, denigrano come ortodossi. Una nuova analisi sistematica e una confutazione completa dei difetti della dottrina espansionista non sono di certo necessarie. Chi fosse interessato in un tale esame critico faccia riferimento agli scritti del professor B.M. Anderson, dell’ultimo professor Edwin Kemmerer [1] e di molti altri brillanti economisti americani. L’obiettivo di questo articolo è soltanto di indagare un aspetto spesso trascurato dei problemi in questione. Appare conveniente esemplificare la questione con il caso dell’inflazione tedesca del periodo tra il 1914 e il 1923, la classica esperienza espansionista del nostro secolo.



Un marco è sempre un marco. 
Fra i becchini della prosperità e della valuta del popolo tedesco, Friedrich Bendixen occupa un posto eminente. Fu un direttore di banca e l’autore di molti libri ed articoli che si occupavano di questioni monetarie. Il suo prestigio e la sua influenza sul corso della politica finanziaria del Reich erano enormi. Quando nella Prima Guerra Mondiale il potere d’acquisto del marco diminuì e simultaneamente i tassi del cambio estero salirono, Bendixen strombazzò che questo era un evento piuttosto fortunato. Perché, egli disse, permetteva ai tedeschi di ottenere profitto dalla vendita dei loro titoli esteri.

Consideriamo un esempio.
Un tedesco possedeva alla vigilia della guerra un titolo olandese trattato sulla Borsa di Amsterdam a 100 fiorini olandesi, a quel tempo generalmente l’equivalente di 240 marchi. Il prezzo dell’azione cadeva ed il tedesco la vendeva a 90 fiorini olandesi. In oro ciò significava una perdita del 10 per cento. Ma nel frattempo il prezzo del fiorino olandese a Berlino era aumentato da 2,40 a 3 marchi; 90 fiorini olandesi ora rappresentavano 270 marchi. Il capitalista tedesco aveva ottenuto un guadagno apparente di 30 marchi o del 12,5 per cento. Tuttavia, il tedesco medio ed il suo portavoce Bendixen non erano abbastanza sagaci da vedere le cose nella giusta luce.

Per loro un marco era ancora un marco





Sorridendo intascavano un presunto guadagno. Lo stesso fenomeno si presentò in ogni ramo dei rapporti economici internazionali. I campioni dell’espansionismo assegnano ai tassi del cambio estero in rialzo il potere di stimolare le esportazioni. Fu questa idea a spingere molti paesi europei nel periodo fra le due guerre a svalutare le proprie valute nazionali.

Una tale svalutazione istantanea fa aumentare i tassi del cambio estero.
Ma i prezzi dei beni e i salari interni rimangono per qualche tempo alle spalle dell’aumento nei tassi di cambio. Nell’intervallo, prima che la struttura dei prezzi sul mercato interno si sia adeguata alle nuove condizioni monetarie, alcuni progetti di esportazione, che non erano redditizi prima, sembrano apparentemente vantaggiosi. L’esportatore ottiene un apparente profitto – in valuta nazionale – anche se può vendere ad un prezzo più basso in valuta estera. Ma ciò che succede realmente è che dà via i prodotti interni ad un prezzo che gli permette di comprare soltanto una minore quantità di prodotti esteri. È vero, la nazione la cui valuta è stata svalutata esporta di più durante questo intervallo, ma ottiene nello scambio soltanto di meno o, come minimo, non più di quanto otteneva in precedenza per una minore quantità di beni esportati. Questo è ciò che gli economisti hanno in mente quando parlano di guadagni “apparenti.” Questi guadagni sono il risultato di un falso calcolo e di un auto-inganno.


Gli enormi profitti inflazionistici del commercio




È stato asserito ripetutamente che il commercio tedesco fiorì durante gli anni della grande inflazione. Infatti, i rapporti annuali delle grandi società e delle grandi banche tedesche mostravano grassi profitti, e gli azionisti ricevevano alti dividendi (le banche tedesche non erano soltanto banche, ma allo stesso tempo società finanziarie che possedevano una parte controllante dei titoli ordinari di molte società industriali). Tuttavia, questi guadagni erano spesso soltanto apparenti, un mero prodotto del fatto che gli imprenditori facevano il calcolo economico impiegando il marco come comune denominatore. Una volta tradotti in una più stabile valuta estera, per esempio in dollari, si rivelavano frequentemente come perdite. Non aveva importanza per il commercio tedesco se i prezzi in oro ed in dollari stessero aumentando o scendendo. I prezzi in marchi aumentavano qualunque fosse il movimento dei prezzi sul mercato mondiale. La vendita di prodotti e inventari catturava grandi profitti cartacei perché i prezzi in marchi salivano senza sosta.

Una seconda fonte di profitti cartacei era fornita da un’insufficiente cancellazione del deprezzamento. L’obiettivo di mettere una parte dei guadagni annuali in un fondo di deprezzamento è di fornire i mezzi per la sostituzione delle attrezzature industriali consumate nel corso della produzione. L’omissione di mantenere tali fondi fa sembrare i profitti più grandi di quanto realmente sono. Se tali profitti in eccedenza apparenti si trattano come se fossero profitti reali, il risultato è il consumo del capitale. Poiché le aziende tedesche furono lente nello scartare la vecchia abitudine di ammortizzare annualmente una percentuale fissa dei costi originali dei macchinari, questo ridusse virtualmente la quantità di capitale investita.

Con il procedere veloce dell’inflazione sempre più gli imprenditori cominciarono a comprendere che i loro metodi erano suicidi. Diedero inizio a ciò che è stato chiamato “il volo nei valori reali” (Flucht in die Sachwerte). Cominciarono a reinvestire i profitti apparenti nei loro impianti. Non aveva importanza per loro che questi investimenti fossero ragionevoli oppure no. La loro unica preoccupazione era di allontanarsi dal marco a qualsiasi costo. Gli eventi successivi provarono che una grande parte degli investimenti fatti durante gli anni dell’inflazione dalle banche tedesche e dalle aziende commerciali indipendenti erano cattivi investimenti. Il commercio tedesco emerse dalla prova del periodo dell’inflazione indebolito finanziariamente. Le grandi banche tedesche erano già nel 1924 sull’orlo dell’insolvibilità.



Naturalmente, i tedeschi, immersi nelle fallacie monetarie di Bendixen e Knapp, [2] non erano informati di questo fatto.
Tantomeno furono i banchieri e gli investitori stranieri abbastanza accorti da giudicare correttamente la difficile situazione delle grandi banche e di molte grandi aziende tedesche. Negli anni 20 i prestiti esteri al Reich, agli stati membri, ai comuni, alle banche ed alle grandi aziende ammontavano a circa 20 miliardi di marchi. Inoltre, gli stranieri investirono 5 miliardi di dollari direttamente nel commercio tedesco. Questa enorme affluenza – contro la quale dovevano essere considerati i pagamenti di riparazione di circa 10,8 miliardi di dollari – nascose per alcuni anni la debolezza delle grandi banche. Quando la depressione mise fine al prestito estero in Germania, il crollo delle banche non poté più essere ritardato. Arrivò nel 1931 come il risultato sia dell’inflazione che dell’ignoranza delle questioni economiche fondamentali.

Una delle ragioni per le quali l’opinione pubblica ha frainteso le conseguenze economiche dell’inflazione tedesca è stata l’emersione di una classe di profittatori dall’inflazione. 
I profittatori furono quegli speculatori che capirono più rapidamente dei dirigenti di banca il vero significato del boom inflazionistico. I tassi di interesse caricati dalle banche, anche se alti in confronto alle circostanze normali, erano ridicolmente bassi rispetto ai profitti di borsa che uno speculatore poteva guadagnare in un mercato i cui i prezzi salivano alle stelle a causa dell’inflazione. Qualunque azione avesse comprato, lo speculatore catturava un profitto lordo che superava di gran lunga l’interesse sul prestito che doveva pagare alla banca. Finché l’inflazione continuava non c’era rischio per lui nell’imbarcarsi in transazioni al rialzo con soldi presi in prestito.


La Germania rovinata finanziariamente dall’inflazione





L’inflazione favorì i debitori a spese dei creditori. Arricchì un gruppo molto ristretto di astuti speculatori. Impoverì l’immensa maggioranza della nazione. 
Le perdite dei perdenti sorpassavano di gran lunga la somma totale dei guadagni dei profittatori. La ricchezza pro capite dei tedeschi si ridusse, a dispetto del fatto che fossero riuscito a scaricare una parte delle loro perdite sulle spalle dei capitalisti stranieri, particolarmente degli americani e degli svizzeri.
L’eccesso delle perdite da inflazione rispetto ai guadagni da inflazione proveniva da tre fonti differenti:
La nazione aveva consumato più di quanto aveva prodotto: aveva vissuto sul proprio capitale. La maggioranza dei profitti apparenti venne mangiata dagli speculatori e dagli imprenditori stessi o dal governo che li raccolse sotto l’ingannevole etichetta dei fondi di imposta sulle imprese e sul reddito che erano in effetti sottratti dal capitale investito. Lo spreco dell’amministrazione comunale fu così scellerato che neppure Schacht [3] non poté evitare di criticarlo. Molti sindacati riuscirono ad aumentare i salari nominali oltre l’aumento dei prezzi dei beni. Incassarono il risultante aumento nei tassi salariali effettivi come “guadagno sociale.” In effetti, questi operai comparteciparono nel consumo del capitale. Contribuirono così al successivo crollo della produttività del lavoro e quindi dei tassi salariali del mercato.
La Germania scaricò esportazioni a poco prezzo sul mercato mondiale. Accadde più volte che i manufatti tedeschi, prodotti con materie prime importate, vennero esportati a prezzi che – calcolati in dollari – non coprivano neppure il prezzo delle materie prime contenute. Tuttavia, gli esportatori tedeschi erano convinti di aver fatto un buon affare.

Gran parte degli investimenti effettuati negli anni critici erano stati pessimi investimenti. . . .

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Ludwig von Mises (1881–1973) was the foremost Austrian economist of the twentieth century, an adviser to FEE, and the author of Human Action. 
This is the major part of an article originally published in the Commercial and Financial Chronicle, March 7, 1946

Link all'articolo originale

https://fee.org/articles/business-under-german-inflation/

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NOTE
1. Vedi Benjamin M. Anderson, Economics and the Public Welfare: A Financial and Economic History of the United States, 1914–1946 (Princeton: D. Van Nostrand Company, Inc., 1949) e Edwin W. Kemmerer, The ABC of Inflation (New York: McGraw-Hill, 1942).
2 Georg Friedrich Knapp, autore di The State Theory of Money (1924 [1905]).
3. Hjalmar Orazio Greeley Schacht, finanziere tedesco che tenne un certo numero di posizioni nel governo tedesco, tra il 1923 e il 1943, compresa la presidenza della Reichsbank ed il ministero dell’economia.
Traduzione di Paxtibi

martedì 9 ottobre 2018

Come svelare le criptovalute truffa


Dunque ragazzi, momento importante.
Anteprima "mondiale" !!
E' possibile scovare le criptovalute truffa, le Scam-Coin, le Fintovalute ?
DA OGGI SI !
Ho preparato un questionario per smascherare le Truffe che nascono sfruttando il nome Bitcoin.
Penso sia il primo del genere.
Esteticamente è spartano, ma non sono un tipografo.
Si potrà migliorare, anche sui contenuti, man mano che mi arriveranno suggerimenti e idee.
 

Lo potete scaricare in PDF da questa pagina

http://www.marcodalpra.it/varie/

Passate parola, fate girare.


Il futuro che possiamo vedere

Per prevedere il futuro non serve la sfera di cristallo, basta guardare al passato, basta studiare la storia.
Sì perché la storia si ripete e un'altra crisi economica globale ben peggiore di quella del 2008 sta per arrivare. 
Sono stati stampati troppi Dollari, troppi Euro, troppe Sterline, troppi Yen.
La repubblica di Weimar i nostri politici e i nostri professori di economia non la vogliono studiare, così le conseguenze saranno pesantissime.
Bitcoin e le criptovalute potranno fare ben poco per arginare questo crollo.
Ecco quindi il grafico del disastro in arrivo, come è già successo in passato: la banca centrale americana aumenta i tassi di interesse (linea nera) fino a che non salta tutto in aria.
E l'uomo della strada si trova senza lavoro, senza soldi, senza banca, senza casa.
Praticamente in mutande.
E i soldi restano in mano a chi ha speculato, cogliendo l'attimo propizio, creato artificiosamente dalle Banche Centrali .
Naturalmente loro, quelli che hanno causato il disastro, tacciono, dall'alto dei loro grattacieli.
Dall'alto dei loro lauti stipendi.


www.advisorperspectives.com

domenica 16 settembre 2018

Gli Schiavi della Domenica

 C'era una volta una regola che diceva che la domenica è sacra, perché dedicata ad altre cose che non fossero lavoro, come il riposo o l'osservazione della natura, del mondo in cui viviamo.
Oggi questa cosa non esiste più e la domenica, per moltissime persone, è diventata un giorno lavorativo come tutti gli altri.
Fine di molti rapporti familiari ed interpersonali.
E questo mi è del tutto evidente, nonostante io generalmente sia favorevole alla libertà di impresa e di iniziativa.
Ma trasformare la domenica di Dio in un giorno da dedicare al dio denaro, al contrario, è un espressione della schiavitù dell'uomo, non di libertà, sia dell'imprenditore che dei lavoratori.
Dimostra che l'uomo non riesce a vedere che là fuori c'è altro al quale dedicare il proprio tempo oltre ai soldi.
L'uomo è un essere sociale ed ha bisogno anche dei rapporti con gli altri, che non necessariamente si consumano nei centri commerciali. Esistono anche i laghi, i colli, le città d'arte, la casa degli amici, il mare e tanto altro, tutte cose che fanno parte dei miei ricordi di gioventù, negli anni '80.
Non si cresce culturalmente, spiritualmente e intellettualmente stando dentro ai negozi, né si impara a conoscere la geografia e le bellezze del proprio paese stando chiusi dentro un centro commerciale.
Inoltre, come ha ricordato qualcuno, l'Italia ha sempre funzionato anche con i negozi chiusi la domenica, boom economici compresi.
Ecco che questo è un buon punto per iniziare a guardare questa storia da un'altra angolazione, dal quale ci possiamo rendere conto che le cose stanno diversamente.
Ci accorgiamo cioè che la civiltà dei consumi ha ormai toccato il suo apice, visto che da qualche tempo i centri commerciali stanno chiudendo. Un'onda che negli Stati Uniti è già partita e che adesso sta arrivando anche qui; basta guardare quanti punti vendita sono stati chiusi quest'anno e quanti spazi siano chiusi nei centri commerciali.
E il motivo è semplice : si sono venduti troppi televisori, troppi cellulari, troppo di tutto e adesso il mercato arranca.
I negozi delle città d'arte non c'entrano nulla.
Le aperture domenicali sono solamente il raschiare il fondo di un barile per prolungare l'agonia delle enormi strutture costruite per realizzare i centri commerciali, molti dei quali sono già insostenibili.
Schiavizzare donne e uomini anche la domenica per tenere in piedi un malato in metastasi è assurdo e dimostra l'ottusità che abbiamo davanti.
Anzi, mi sembra evidente che sia stata una mossa per salvare le banche che li tengono in piedi.



PS : chi era il presidente del consiglio all'epoca della liberalizzazione delle domeniche ? Un esperto di negozi, un commerciante o un esperto di banche ?